Norme di tutela

Legislazioni

 

Legge 15 dicembre 1999, n.482
(Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 297 del 20 dicembre 1999)

Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche

Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche Art. 1
1. La lingua ufficiale della Repubblica È l’italiano.
2. La Repubblica, che valorizza il patrimonio linguistico e culturale della lingua italiana, promuove
altresì la valorizzazione delle lingue e delle culture tutelate dalla presente legge.
Art. 2
1. In attuazione dell’articolo 6 della Costituzione e in armonia con i princìpi generali stabiliti dagli organismi europei e internazionali, la Repubblica tutela la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo.
Art. 3
1. La delimitazione dell’ambito territoriale e subcomunale in cui si applicano le disposizioni di tutela delle minoranze linguistiche storiche previste dalla presente legge È adottata dal consiglio provinciale, sentiti i comuni interessati, su richiesta di almeno il quindici per cento dei cittadini iscritti nelle liste elettorali e residenti nei comuni stessi, ovvero di un terzo dei consiglieri comunali dei medesimi comuni.
2. Nel caso in cui non sussista alcuna delle due condizioni di cui al comma 1 e qualora sul territorio comunale insista comunque una minoranza linguistica ricompresa nell’elenco di cui all’articolo 2, il procedimento inizia qualora si pronunci favorevolmente la popolazione residente, attraverso apposita consultazione promossa dai soggetti aventi titolo e con le modalità previste dai rispettivi statuti e regolamenti comunali.
3. Quando le minoranze linguistiche di cui all’articolo 2 si trovano distribuite su territori provinciali o regionali diversi, esse possono costituire organismi di coordinamento e di proposta, che gli enti locali interessati hanno facoltà di riconoscere.
Art. 4
1. Nelle scuole materne dei comuni di cui all’articolo 3, l’educazione linguistica prevede, accanto all’uso della lingua italiana, anche l’uso della lingua della minoranza per lo svolgimento delle attività educative. Nelle scuole elementari e nelle scuole secondarie di primo grado È previsto l’uso anche della lingua della minoranza come strumento di insegnamento.
2. Le istituzioni scolastiche elementari e secondarie di primo grado, in conformità a quanto previsto dall’articolo 3, comma 1, della presente legge, nell’esercizio dell’autonomia organizzativa e didattica di cui all’articolo 21, commi 8 e 9, della legge 15 marzo 1997, n. 59, nei limiti dell’orario curriculare complessivo definito a livello nazionale e nel rispetto dei complessivi obblighi di servizio dei docenti previsti dai contratti collettivi, al fine di assicurare l’apprendimento della lingua della minoranza, deliberano, anche sulla base delle richieste dei genitori degli alunni, le modalità di svolgimento delle attività di insegnamento della lingua e delle tradizioni culturali delle comunità locali, stabilendone i tempi e le metodologie, nonchè stabilendo i criteri di valutazione degli alunni e le modalità di impiego di docenti qualificati.
3. Le medesime istituzioni scolastiche di cui al comma 2, ai sensi dell’articolo 21, comma 10, della legge 15 marzo 1997, n. 59, sia singolarmente sia in forma associata, possono realizzare ampliamenti dell’offerta formativa in favore degli adulti. Nell’esercizio dell’autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo, di cui al citato articolo 21, comma 10, le istituzioni scolastiche adottano, anche attraverso forme associate, iniziative nel campo dello studio delle lingue e delle tradizioni culturali degli appartenenti ad una minoranza linguistica riconosciuta ai sensi degli articoli 2 e 3 della presente legge e perseguono attività di formazione e aggiornamento degli insegnanti addetti alle medesime discipline. A tale scopo le istituzioni scolastiche possono stipulare convenzioni ai sensi dell’articolo 21, comma 12, della citata legge n. 59 del 1997.
4. Le iniziative previste dai commi 2 e 3 sono realizzate dalle medesime istituzioni scolastiche avvalendosi delle risorse umane a disposizione, della dotazione finanziaria attribuita ai sensi dell’articolo 21, comma 5, della legge 15 marzo 1997, n. 59, nonchè delle risorse aggiuntive reperibili con convenzioni, prevedendo tra le priorità stabilite dal medesimo comma 5 quelle di cui alla presente legge. Nella ripartizione delle risorse di cui al citato comma 5 dell’articolo 21 della legge n. 59 del 1997, si tiene conto delle priorità aggiuntive di cui al presente comma.
5. Al momento della preiscrizione i genitori comunicano alla istituzione scolastica interessata se intendono avvalersi per i propri figli dell’insegnamento della lingua della minoranza.
Art. 5
1. Il Ministro della pubblica istruzione, con propri decreti, indica i criteri generali per l’attuazione delle misure contenute nell’articolo 4 e può promuovere e realizzare progetti nazionali e locali nel campo dello studio delle lingue e delle tradizioni culturali degli appartenenti ad una minoranza linguistica riconosciuta ai sensi degli articoli 2 e 3 della presente legge. Per la realizzazione dei progetti È autorizzata la spesa di lire 2 miliardi annue a decorrere dall’anno 1999.
2. Gli schemi di decreto di cui al comma 1 sono trasmessi al Parlamento per l’acquisizione del parere delle competenti Commissioni permanenti, che possono esprimersi entro sessanta giorni.
Art. 6
1. Ai sensi degli articoli 6 e 8 della legge 19 novembre 1990, n. 341, le università delle regioni interessate, nell’ambito della loro autonomia e degli ordinari stanziamenti di bilancio, assumono ogni iniziativa, ivi compresa l’istituzione di corsi di lingua e cultura delle lingue di cui all’articolo 2, finalizzata ad agevolare la ricerca scientifica e le attività culturali e formative a sostegno delle finalità della presente legge.
Art. 7
1. Nei comuni di cui all’articolo 3, i membri dei consigli comunali e degli altri organi a struttura collegiale dell’amministrazione possono usare, nell’attività degli organismi medesimi, la lingua ammessa a tutela.
2. La disposizione di cui al comma 1 si applica altresIì ai consiglieri delle comunità montane, delle province e delle regioni, i cui territori ricomprendano comuni nei quali È riconosciuta la lingua ammessa a tutela, che complessivamente costituiscano almeno il 15 per cento della popolazione interessata.
3. Qualora uno o pi ̆ componenti degli organi collegiali di cui ai commi 1 e 2 dichiarino di non conoscere la lingua ammessa a tutela, deve essere garantita una immediata traduzione in lingua italiana.
4. Qualora gli atti destinati ad uso pubblico siano redatti nelle due lingue, producono effetti giuridici solo gli atti e le deliberazioni redatti in lingua italiana.

1. Nei comuni di cui all’articolo 3, il consiglio comunale può provvedere, con oneri a carico del bilancio del comune stesso, in mancanza di altre risorse disponibili a questo fine, alla pubblicazione nella lingua ammessa a tutela di atti ufficiali dello Stato, delle regioni e degli enti locali nonchè di enti pubblici non territoriali, fermo restando il valore legale esclusivo degli atti nel testo redatto in lingua italiana.
Art. 9
1. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 7, nei comuni di cui all’articolo 3 Ë consentito, negli uffici delle amministrazioni pubbliche, l’uso orale e scritto della lingua ammessa a tutela. Dall’applicazione del presente comma sono escluse le forze armate e le forze di polizia dello Stato.
2. Per rendere effettivo l’esercizio delle facoltà di cui al comma 1, le pubbliche amministrazioni provvedono, anche attraverso convenzioni con altri enti, a garantire la presenza di personale che sia in grado di rispondere alle richieste del pubblico usando la lingua ammessa a tutela. A tal fine È istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali, un Fondo nazionale per la tutela delle minoranze linguistiche con una dotazione finanziaria annua di lire 9.800.000.000 a decorrere dal 1999. Tali risorse, da considerare quale limite massimo di spesa, sono ripartite annualmente con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentite le amministrazioni interessate.
3. Nei procedimenti davanti al giudice di pace È consentito l’uso della lingua ammessa a tutela. Restano ferme le disposizioni di cui all’articolo 109 del codice di procedura penale.
Art. 10
1. Nei comuni di cui all’articolo 3, in aggiunta ai toponimi ufficiali, i consigli comunali possono
deliberare l’adozione di toponimi conformi alle tradizioni e agli usi locali.
Art. 11
1. I cittadini che fanno parte di una minoranza linguistica riconosciuta ai sensi degli articoli 2 e 3 e residenti nei comuni di cui al medesimo articolo 3, i cognomi o i nomi dei quali siano stati
modificati prima della data di entrata in vigore della presente legge o ai quali sia stato impedito in passato di apporre il nome di battesimo nella lingua della minoranza, hanno diritto di ottenere, sulla base di adeguata documentazione, il ripristino degli stessi in forma originaria. Il ripristino del cognome ha effetto anche per i discendenti degli interessati che non siano maggiorenni o che, se maggiorenni, abbiano prestato il loro consenso.
2. Nei casi di cui al comma 1 la domanda deve indicare il nome o il cognome che si intende assumere ed È presentata al sindaco del comune di residenza del richiedente, il quale provvede d’ufficio a trasmetterla al prefetto, corredandola di un estratto dell’atto di nascita. Il prefetto, qualora ricorrano i presupposti previsti dal comma 1, emana il decreto di ripristino del nome o del cognome. Per i membri della stessa famiglia il prefetto può provvedere con un unico decreto. Nel caso di reiezione della domanda, il relativo provvedimento può essere impugnato, entro trenta giorni dalla comunicazione, con ricorso al Ministro di grazia e giustizia, che decide previo parere del Consiglio di Stato. Il procedimento È esente da spese e deve essere concluso entro novanta giorni dalla richiesta.
3. Gli uffici dello stato civile dei comuni interessati provvedono alle annotazioni conseguenti all’attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo. Tutti gli altri registri, tutti gli elenchi e ruoli nominativi sono rettificati d’ufficio dal comune e dalle altre amministrazioni competenti.
Art. 8
Art. 12

1. Nella convenzione tra il Ministero delle comunicazioni e la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo e nel conseguente contratto di servizio sono assicurate condizioni per la tutela delle minoranze linguistiche nelle zone di appartenenza.
2. Le regioni interessate possono altresì stipulare apposite convenzioni con la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo per trasmissioni giornalistiche o programmi nelle lingue ammesse a tutela, nell’ambito delle programmazioni radiofoniche e televisive regionali della medesima società concessionaria; per le stesse finalità le regioni possono stipulare appositi accordi con emittenti locali.
3. La tutela delle minoranze linguistiche nell’ambito del sistema delle comunicazioni di massa È di competenza dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni di cui alla legge 31 luglio 1997, n. 249, fatte salve le funzioni di indirizzo della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.
Art. 13
1. Le regioni a statuto ordinario, nelle materie di loro competenza, adeguano la propria legislazione ai princìpi stabiliti dalla presente legge, fatte salve le disposizioni legislative regionali vigenti che prevedano condizioni pi ̆ favorevoli per le minoranze linguistiche.
Art. 14
1. Nell’ambito delle proprie disponibilità di bilancio le regioni e le province in cui siano presenti i gruppi linguistici di cui all’articolo 2 nonchè i comuni ricompresi nelle suddette province possono determinare, in base a criteri oggettivi, provvidenze per l’editoria, per gli organi di stampa e per le emittenti radiotelevisive a carattere privato che utilizzino una delle lingue ammesse a tutela, nonchè per le associazioni riconosciute e radicate nel territorio che abbiano come finalità la salvaguardia delle minoranze linguistiche.
Art. 15
1. Oltre a quanto previsto dagli articoli 5, comma 1, e 9, comma 2, le spese sostenute dagli enti locali per l’assolvimento degli obblighi derivanti dalla presente legge sono poste a carico del bilancio statale entro il limite massimo complessivo annuo di lire 8.700.000.000 a decorrere dal 1999.
2. L’iscrizione nei bilanci degli enti locali delle previsioni di spesa per le esigenze di cui al comma 1 È subordinata alla previa ripartizione delle risorse di cui al medesimo comma 1 tra gli enti locali interessati, da effettuare con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
3. L’erogazione delle somme ripartite ai sensi del comma 2 avviene sulla base di una appropriata rendicontazione, presentata dall’ente locale competente, con indicazione dei motivi dell’intervento e delle giustificazioni circa la congruità della spesa.
Art. 16
1. Le regioni e le province possono provvedere, a carico delle proprie disponibilit‡ di bilancio, alla creazione di appositi istituti per la tutela delle tradizioni linguistiche e culturali delle popolazioni considerate dalla presente legge, ovvero favoriscono la costituzione di sezioni autonome delle istituzioni culturali locali gi‡ esistenti.
Art. 17
1. Le norme regolamentari di attuazione della presente legge sono adottate entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della medesima, sentite le regioni interessate.

1. Nelle regioni a statuto speciale l’applicazione delle disposizioni pi ̆ favorevoli previste dalla presente legge È disciplinata con norme di attuazione dei rispettivi statuti. Restano ferme le norme di tutela esistenti nelle medesime regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano.
2. Fino all’entrata in vigore delle norme di attuazione di cui al comma 1, nelle regioni a statuto speciale il cui ordinamento non preveda norme di tutela si applicano le disposizioni di cui alla presente legge.
Art. 19
1. La Repubblica promuove, nei modi e nelle forme che saranno di caso in caso previsti in apposite convenzioni e perseguendo condizioni di reciprocità con gli Stati esteri, lo sviluppo delle lingue e delle culture di cui all’articolo 2 diffuse all’estero, nei casi in cui i cittadini delle relative comunità abbiano mantenuto e sviluppato l’identità socio-culturale e linguistica d’origine.
2. Il Ministero degli affari esteri promuove le opportune intese con altri Stati, al fine di assicurare condizioni favorevoli per le comunità di lingua italiana presenti sul loro territorio e di diffondere all’estero la lingua e la cultura italiane. La Repubblica favorisce la cooperazione transfrontaliera e interregionale anche nell’ambito dei programmi dell’Unione europea.
3. Il Governo presenta annualmente al Parlamento una relazione in merito allo stato di attuazione degli adempimenti previsti dal presente articolo.
Art. 20
1. All’onere derivante dall’attuazione della presente legge, valutato in lire 20.500.000.000 a decorrere dal 1999, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1998-2000, nell’ambito dell’unit‡ previsionale di base di parte corrente “Fondo speciale” dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l’anno 1998, allo scopo parzialmente utilizzando, quanto a lire 18.500.000.000, l’accantonamento relativo alla Presidenza del Consiglio dei ministri e, quanto a lire 2.000.000.000, l’accantonamento relativo al Ministero della pubblica istruzione.
2. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica È autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

D.P.R. 2 maggio 2001, n. 345]
Regolamento di attuazione della L. 15 dicembre 1999, n. 482, recante norme di tutela delle minoranze linguistiche storiche

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 6 e 87, comma quinto, della Costituzione;Visti gli articoli 6 e 87, comma quinto, della Costituzione;Visto l’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400;Vista la legge 15 dicembre 1999, n. 482, recante norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche;Considerato che l’articolo 17 della legge 15 dicembre 1999, n. 482, prevede per la sua attuazione l’emanazione di norme regolamentari;Acquisito il parere delle regioni interessate;Udito il parere del Consiglio di Stato, reso dalla sezione consultiva per gli atti normativi nella adunanza del 15 gennaio 2001;Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata nella riunione dell’11 aprile 2001; Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro per gli affari regionali, di concerto con i Ministri dell’interno, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, della pubblica istruzione e per la funzione pubblica;Emana il seguente regolamento:
Decreta:1. Ambito di applicazione1. Il presente regolamento è emanato ai sensi dell’articolo 17 della legge 15 dicembre 1999, n. 482, in seguito denominata «legge»;2. Il presente regolamento disciplina altresì l’attuazione della legge alla minoranza linguistica slovena, con riferimento alle disposizioni della legge medesima che trovano ancora applicazione ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 23 febbraio 2001, n. 38, recante «Norme per la tutela della minoranza linguistica slovena dalla regione Friuli-Venezia Giulia»;3. L’ambito territoriale e sub-comunale in cui si applicano le disposizioni di tutela di ciascuna minoranza linguistica storica previste dalla legge coincide con il territorio in cui la minoranza è storicamente radicata e in cui la lingua ammessa a tutela è il modo di esprimersi dei componenti della minoranza linguistica;4. Entro novanta giorni dal ricevimento delle richieste avanzate dai soggetti di cui al comma 1 dell’articolo 3 della legge, i consigli provinciali, sentiti i comuni, sono tenuti a pronunciarsi, sulla delimitazione dell’ambito territoriale, con atto motivato. Lo stesso termine decorre dalla comunicazione dei risultati della avvenuta consultazione di cui al comma 2 dell’articolo 3 della legge, con la quale la popolazione residente nel comune si è pronunciata favorevolmente alla delimitazione dell’ambito territoriale in cui si applicano le disposizioni di tutela;5. La presenza della minoranza si presume quando il comune o parte di esso sia incluso nella delimitazione territoriale operata da una legge statale o regionale anteriore alla data di entrata in vigore della legge e che si riferisca esclusivamente alle lingue ammesse a tutela dall’articolo 2 della legge stessa;6. Entro quindici giorni dalla adozione dei provvedimenti di delimitazione territoriale o di variazione di essa i presidenti dei consigli provinciali ne danno comunicazione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per gli affari regionali e al Ministero dell’interno – Ufficio centrale per i problemi delle zone di confine e delle minoranze etniche, nonché al Ministero delle comunicazioni, all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, alla società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo e alla regione interessata;7. Le minoranze linguistiche di cui all’articolo 2 della legge, nei casi previsti dall’articolo 3, comma 3, della legge medesima, entro quindici giorni dalla costituzione degli organismi di coordinamento e di proposta ne danno comunicazione, per il riconoscimento, alle amministrazioni previste al comma 4 del presente articolo. Per gli organismi di coordinamento e di proposta già istituiti dalle minoranze, la comunicazione avviene entro tre mesi dalla data di entrata in vigore dal presente regolamento;
2. Uso della lingua delle minoranze nelle scuole materne elementari e secondarie di primo grado1. Al fine di assicurare l’apprendimento della lingua ammessa a tutela nelle istituzioni scolastiche di cui all’articolo 4 della legge, il Ministro della pubblica istruzione, prima dell’inizio di ogni anno scolastico, indica i criteri generali per l’attuazione delle misure contenute nell’articolo 4 della legge;2. Le istituzioni scolastiche di cui all’articolo 4 della legge, nell’ambito della propria autonomia, prevista dall’articolo 21, commi 5, 7, 8, 9, 10 e 12 della legge 15 marzo 1997, n. 59, nonché dal decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, e dei criteri di cui al comma 1, anche avvalendosi della collaborazione delle università delle regioni interessate, possono avviare una fase di sperimentazione con l’attivazione di corsi di insegnamento di cui all’articolo 4 della legge, per una durata massima di tre anni a decorrere dalla comunicazione da parte dei consigli provinciali degli adempimenti di cui al comma 1 dell’articolo 3 della legge medesima;3. Dalla fase di sperimentazione, di cui al comma 2, sono escluse le istituzioni scolastiche che già usano anche in via sperimentale una delle lingue ammesse a tutela.
a. l’istituzione, anche in via sperimentale, di specifici corsi di formazione per il personale dipendente, interpreti, traduttori ed insegnanti, in un quadro di collaborazione tra le istituzioni universitarie e scolastiche e le amministrazioni;b. l’attivazione di corsi universitari di lingua e cultura delle minoranze linguistiche;c. l’attività e le iniziative connesse alla conoscenza e promozione della legge;d. Tutti i progetti di cui ai commi precedenti hanno cadenza annuale, e devono essere informati a criteri di economicità ed efficacia nello specifico ambito territoriale; devono inoltre essere corredati da apposita relazione illustrativa, con specifico riferimento agli anzidetti criteri ed al ricorso, ove possibile, a forme di convenzionamento ai sensi dell’art. 9, comma 2, della legge, e devono indicare analiticamente le spese che si intendono sostenere in ciascun esercizio finanziario.
3. Iniziative in ambito universitario e scolastico a favore della lingua delle minoranze 1. Il Ministero della pubblica istruzione e il Ministero dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica favoriscono le attività di ricerca, formazione, aggiornamento professionale ed educazione permanente a sostegno delle finalità della legge. Essi, in sede di coordinamento ministeriale, definiscono annualmente un quadro formativo di riferimento nel rispetto dell’autonomia didattica delle istituzioni universitarie e scolastiche delle regioni interessate; nell’àmbito di tale quadro di riferimento le istituzioni universitarie e scolastiche prevedono percorsi formativi specifici per insegnanti, interpreti e traduttori e le istituzioni universitarie attivano corsi universitari di lingua e cultura delle minoranze linguistiche di cui all’articolo 2 della legge.
4. Uso della lingua delle minoranze da parte dei membri dei consigli comunali, comunità montane, province e regioni1. regionali, nei cui territori si applicano le disposizioni di tutela, stabiliscono le forme e le modalità degli interventi in lingua minoritaria da parte dei membri degli organi elettivi;2. Al fine di garantire l’immediata traduzione in lingua italiana, nei casi previsti dall’articolo 7, comma 3, della legge, l’ente locale o la regione assicurano la presenza di personale interprete qualificato;3. La presenza della condizione, di cui all’articolo 7, comma 2, della legge, deve risultare da apposite deliberazioni emanate dagli organi deliberanti.
5. Pubblicazione degli atti ufficiali dello Stato nella lingua ammessa a tutela1. I comuni nei territori individuati ai sensi dell’articolo 3 della legge, si avvalgono di traduttori qualificati per la pubblicazione nella lingua ammessa a tutela degli atti ufficiali dello Stato, delle regioni e degli enti locali, nonché degli enti pubblici non territoriali.
6. Uso orale e scritto delle lingue ammesse a tutela negli uffici delle pubbliche amministrazioni1. In attuazione dell’articolo 9 della legge, gli uffici delle pubbliche amministrazioni, nei comuni di cui all’articolo 3 della legge medesima, istituiscono almeno uno sportello per i cittadini che utilizzano la lingua ammessa a tutela e possono prevedere indicazioni scritte rivolte al pubblico, redatte, oltre che in lingua italiana, anche nella lingua ammessa a tutela, con pari dignità grafica;2. Le amministrazioni pubbliche interessate, anche di concerto e nel quadro di un programma di misure tra loro coerenti, sentite le istituzioni di cui all’articolo 16 della legge, e nell’àmbito dei criteri definiti ai sensi del comma 1, dell’articolo 8, valutano l’opportunità di modulare gli interventi finanziari ed organizzativi secondo esigenze omogenee connesse alla tutela della lingua;3. Gli uffici delle pubbliche amministrazioni di cui al comma 1, per la finalità di cui all’articolo 9, comma 2, della legge, possono anche stipulare convenzioni con istituti pubblici di ricerca e professionali, istituzioni scolastiche, università, ed altri soggetti istituzionali o con associazioni senza scopo di lucro, operanti nell’ambito territoriale da almeno tre anni, al fine di reperire e formare personale in grado di rispondere alle esigenze previste dalla legge, ovvero consorziarsi tra loro per le suddette medesime finalità;4. Per gli atti aventi effetti giuridici ha efficacia solo il testo in lingua italiana. In attuazione dell’articolo 9 della legge, gli enti locali, nei cui territori si applicano le disposizioni di tutela, disciplinano l’uso scritto ed orale della lingua ammessa a tutela nelle rispettive amministrazioni. Tutte le forme di pubblicità degli atti previsti da leggi sono effettuate in lingua italiana, ferma la possibilità di effettuarle anche nella lingua ammessa a tutela.

 

7. Riconoscimento del diritto al ripristino dei nomi originari1. La domanda, il provvedimento, le copie relative, gli scritti e i documenti prodotti ai fini dell’articolo 11 della legge sono esenti da ogni tassa. Copia del decreto di ripristino del nome o del cognome è trasmessa dal prefetto al sindaco del comune di residenza, che ne dà comunicazione agli uffici e alle amministrazioni interessati, nonché all’ufficiale dello stato civile, perché si provveda alle annotazioni di cui all’articolo 94, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, limitatamente, per quanto concerne i discendenti maggiorenni, a coloro che abbiano prestato il proprio consenso. Il consenso è prestato mediante esplicita dichiarazione, accompagnata da copia fotostatica di un documento di identità che viene allegata alla domanda.
8. Procedure di finanziamento1. Entro il 15 febbraio di ogni anno il Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito il Comitato consultivo di cui all’articolo 12 del presente regolamento, definisce con decreto i criteri per la ripartizione dei fondi previsti dagli articoli 9 e 15 della legge, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 2811[2];2. Le amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici non economici a carattere nazionale, trasmettono, entro il termine perentorio del 30 giugno di ogni anno, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per gli affari regionali, un programma dettagliato degli interventi relativi agli adempimenti previsti dall’articolo 9 della legge, quantificando contestualmente il fabbisogno;3. Gli enti locali, le camere di commercio e le aziende sanitarie locali trasmettono, alle regioni di cui al comma 4, entro il termine perentorio del 30 giugno di ogni anno, un programma dettagliato degli interventi relativi agli adempimenti previsti dalla legge, quantificando contestualmente il fabbisogno;4. Ai fini della istruttoria relativa alle richieste di finanziamento, la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per gli affari regionali, stipula con le regioni interessate per territorio specifici protocolli d’intesa in ordine ai progetti redatti dai soggetti di cui al comma 3. Detti protocolli possono prevedere che l’erogazione dei finanziamenti avvenga per il tramite delle regioni stesse;5. Ciascuna regione di cui al comma 4, entro il termine perentorio del 30 settembre di ogni anno, trasmette alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, i progetti di cui al comma 3, con le modalità previste dai protocolli d’intesa, corredati delle proprie osservazioni, con particolare riguardo alla compatibilità, nonché alla coerenza dei progetti stessi con la legislazione regionale eventualmente più favorevole in materia. Congiuntamente a detti progetti la regione unisce quello relativo agli interventi regionali;6. Entro il 31 ottobre di ogni anno, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sono ripartite le somme previste dagli articoli 9 e 15 della legge;7. Entro il 31 dicembre di ogni anno, la Presidenza del Consiglio dei Ministri provvede alla liquidazione delle somme spettanti ed al loro trasferimento ai soggetti di cui ai commi precedenti, nel rispetto delle modalità previste dal presente articolo;8. Le regioni provvedono entro quarantacinque giorni al trasferimento dei fondi spettanti ai soggetti che hanno trasmesso i progetti degli interventi ai sensi del comma 3;9. Qualora una o più regioni non aderiscano ai protocolli d’intesa di cui al comma 4, la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per gli affari regionali, provvede direttamente all’espletamento dei compiti relativi all’istruttoria dei progetti ed alla relativa erogazione dei finanziamenti ai soggetti di cui al comma 3;10. La rendicontazione prevista dall’articolo 15, comma 3, della legge deve essere accompagnata da una relazione esplicativa dei motivi degli interventi che si intendono realizzare e di quelli attuati nell’anno precedente, e dei risultati conseguiti;
9. Toponomastica1. L’applicazione dell’articolo 10 della legge, è disciplinata dagli statuti e dai regolamenti degli enti locali interessati;2. Nel caso siano previsti segnali indicatori di località anche nella lingua ammessa a tutela, si applicano le normative del codice della strada, con pari dignità grafica delle due lingue.
10. Interpreti e traduttori1. In materia di incarichi agli interpreti e ai traduttori, si applicano le disposizioni vigenti legislative e contrattuali, anche sotto il profilo del trattamento economico.11. Contratto di servizio con la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo1. Nell’ambito delle finalità di cui all’articolo 12 della legge, la convenzione tra il Ministero delle comunicazioni e la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, e il conseguente contratto di servizio individuano, di preferenza nel territorio di appartenenza di ciascuna minoranza, la sede della società stessa cui sono attribuite le attività di tutela della minoranza, nonché il contenuto minimo della tutela, attraverso la prevista attuazione per ciascuna lingua minoritaria di una delle misure oggetto delle previsioni di cui all’articolo 11, comma 1, lettera a) della Carta europea delle lingue regionali e minoritarie;2. La convenzione ed il contratto di servizio in corso vengono adeguati, in sede di prima attuazione a quanto previsto dal comma 1.
12. Comitato tecnico consultivo1. Il Ministro per gli affari regionali almeno due volte l’anno consulta, ai fini della applicazione della legge, l’apposito Comitato tecnico consultivo, istituito con proprio decreto il 17 marzo 2000.
13. Disposizioni transitorie 1. Nella prima fase di applicazione del presente regolamento, i termini di cui ai commi 2 e 3 dell’articolo 8, sono fissati in tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente regolamento; i termini di cui ai commi 5, 6, 7, del medesimo articolo 8 sono fissati, rispettivamente, in quattro, cinque e sette mesi dalla data di entrata in vigore del presente regolamento;2. Il presente regolamento si applica alla minoranza linguistica slovena fino alla completa operatività della legge 23 febbraio 2001, n. 38, recante «Norme per la tutela della minoranza linguistica slovena nella regione Friuli-Venezia Giulia»;3. Entro un anno dalla sua entrata in vigore il presente regolamento è sottoposto a revisione1[3].
1[1] Pubblicato nella Gazz. Uff. 13 settembre 2001, n. 213;[2] Per i criteri di ripartizione dei fondi previsti dagli articoli 9 e 15, L. 15 dicembre 1999, n. 482 vedi il D.P.C.M. 10 dicembre 2001[3] I termini di cui al presente articolo sono stati prorogati di tre mesi, a decorrere dalla loro scadenza, dall’art. 8-octies, D.L. 23 novembre 2001, n. 411, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

Legge Regionale del Friuli – Venezia Giulia Legge regionale n. 26 del 2014, articolo 21

1. Sono istituite le assemblee di comunita’ linguistica quali organismi deputati alla valorizzazione e alla salvaguardia della coesione territoriale, sociale ed economica delle comunita’ linguistiche friulana, slovena e tedesca presenti sul territorio regionale. 2. Le assemblee di comunita’ linguistica sono costituite mediante la stipulazione di convenzioni dai Sindaci dei comuni con presenza di minoranze linguistiche ai sensi dell’art. 3 della legge 15 dicembre 1999, n. 482 (Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche), o loro delegati. 3. Le assemblee di comunita’ linguistica svolgono compiti di promozione, indirizzo, progettazione, coordinamento e consultazione ai fini della tutela e della valorizzazione dell’identita’ linguistica e culturale delle comunita’ regionali. 4. Al fine di conservare e valorizzare gli aspetti caratterizzanti le comunita’ linguistiche di cui al comma 1, i progetti di legge regionali e gli schemi di atti generali o di indirizzo attinenti alla salvaguardia dei diritti delle minoranze cosi’ come previsti dalle fonti normative europee, dalla costituzione, dallo statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia e dalle leggi, sono approvati previa consultazione delle assemblee di comunita’ linguistica di cui al presente articolo.