Bilinguismo sulle strade

da | Lug 28, 2023

Cartelli bilingui sulle strade della regione? Direi di sì, grazie.

La norma che li introduce risale al 2007 (L.R. 29 “Norme per la tutela, valorizzazione e promozione della lingua friulana”, art. 10). Sono passati perciò più di tre lustri e fa sorridere che a così lunga distanza di tempo ci sia chi ne contesta il valore o le forme. È ormai confermato in tutti gli ambiti (linguistico, politico, giuridico, culturale) che il friulano è una lingua diversa dall’italiano e in questo senso è riconosciuta da decenni in modo ufficiale sia a livello nazionale che internazionale.

ARLEF nel settembre 2021 ha stanziato dei fondi ad hoc a favore degli enti locali per l’acquisto e l’installazione di segnaletica bilingue verticale e diversi Comuni ne hanno approfittato. Molto bene. È un diritto, come ce l’hanno ad esempio gli sloveni della nostra regione, i tedeschi dell’Alto Adige, i francesi della Valle d’Aosta, i ladini e così via. Ma anche, tanto per dire, i baschi in Spagna e in Aquitania, i bretoni in Bretagna, i corsi in Corsica…

La difesa di una cultura passa attraverso la difesa della sua lingua. E la difesa di una lingua passa attraverso il suo utilizzo in tutti i contesti pubblici, dai giornali ai telegiornali, dalla scuola alla viabilità. Quanto poi al fatto specifico che i cartelli bilingui italiano/friulano riportino le forme del friulano comune (quello per intenderci dei vocabolari e delle grammatiche, quello per cui Fiume Veneto è “Vildiflum” e Gorizia è “Gurize”), è dovuto alla necessità di utilizzare una forma unica per tutti, per evitare il moltiplicarsi delle forme.

Questo però non significa affatto sminuire o svilire le altre parlate. Anzi, una delle caratteristiche tipiche dell’identità friulana è proprio la presenza di tante varietà. Credo che il Friuli sia un vero e proprio mosaico di sfumature, dettate dalla sua storia. Io sono di Capriva del Friuli e parlo con la -a, e guai se no! Il mio collega di Mereto di Tomba parla con la -e. A San Michele al Tagliamento si dice “i soi zùt”, a Gemona si dice “o soi lât”. E guardando ancora oltre: a Grado si parla graisano, a Monfalcone il bisiaco, in Carnia il cjargnel, a Resia il roseano (che è slavo), a Sauris il saurano (che è germanico) e a Pordenone il pordenonese. Tutto “Friuli”.

Anche la nostra storia è diversa: i miei bisnonni erano cittadini asburgici e i miei compaesani a suo tempo furono arruolati e combatterono dall’altra parte del fronte. Insomma, per semplificare, possiamo dire che il Friuli è uno… ma i friulani sono tanti.

Il bilinguismo non offende nessuno, arricchisce un territorio, il suo popolo. Tutti siamo “diversamente” friulani ed il bilinguismo è una ricchezza. Ed è anche un’arma politica ed economica, vero nuovo traino anche per un turismo di livello, che oggi si stupisce e resta incantato dalla ricchezza che hanno dato, danno e daranno le nostre 4 lingue parlate in un fazzoletto di terra così piccolo; perché la convivenza di lingue diverse in Friuli Venezia Giulia è la base fondamentale dell’autonomia della nostra Regione: senza di esse, non saremmo così “speciali”.

Daniele Sergon

Presidente dell’Assemblea di Comunità Linguistica Friulana